Ma la più sorprendente è stata Tippi l’amica di liceo del fidanzo, scrittrice e sacerdotessa Voodooo, trasferitasi ventisette anni fa da Sala Consilina a New York.
Mi era antipatica all’inizio quando ha esordito, rivolta al fidanzato, con un “ma sempre belle te le trovi, tutte alte e magre le tue fidanzate!” Grrr… gelosia, gelosia… ma poi mi ha travolta con le sue storie surreali:
- i sette anni vissuti in Colorado tra gli apache in una casa costruita da lei con il secondo marito un portoricano di origini indiane. Su cui ha scritto un romanzo;
- il suo periodo di bigamia, perché ancora oggi lei non sa dire di no alle passioni, con Don e il mitico batterista J.T. che ora è diventato il suo quarto marito. Su cui ha scritto un romanzo;
- Jerome il fidanzato gangster cubano ucciso dalla CIA a trent’anni. Su cui sta scrivendo un romanzo.
“Pegrrrché -dice Tippi con l’erre moscia da figlia bene di notaio del sud- Jerome era un ganster da milioni di dollari, non uno spacciatore da quattro soldi, uno che la cocaina la vendeva ad alti livelli per comprare armi da rivendere ai guerriglieri di… (non mi ricordo quale stato del Sudamerica). Non la riforniva ai singoli, se non quella che teneva in casa per amici come Basquiat o Miles Davies. Ma lui non prendeva droghe, perché un gangster dev’essere sempre lucidissimo e non voleva neanche che le prendessi io. Mi proteggeva, entravo dappertutto perché ero la donna di un gangster, ma in alcuni posti lui non mi faceva entrare. Con lui ho visto per la prima volta questo quartiere dove abito, anzi non l’ho visto, l’ho solo sentito. Perrrchè allora qui era pericoloso per un bianco e allora Jerome mi metteva sul pavimento della macchina sotto una coperta e io, al buio, sentivo insulti, urla, grida e spari.”
Tippi a volte mi fa l’effetto che da piccola mi faceva Pippi Calzelunghe, di quella che è ciò che non oso essere, di quella che fa tutte le cose che mi piacciono e che mi impauriscono: io timida/lei estroversa; io paurosa/lei coraggiosa; io che non so usare il trapano/lei che si costruisce la casa da sola; lei che aderisce alla vita e alle passioni/io che mi blocco pensando alle conseguenze; lei che sta con il gangster dominante e protettivo/io che dal calabrese ndranghetoso che mi faceva impazzire sono fuggita; lei che all’università insegna corsi sul mito secondo Campbell/ io che ho abbandonato gli studi sulle femme fatale secondo gli archetipi junghiani perché mi sembrava di avere un’impostazione critica troppo vintage; lei che scrive romanzi/io che non li scrivo. Insomma… lei che fa quel che le pare fregandosene del giudizio degli altri/io che me ne frego troppo!
E la sua incasinatissima casa di Brooklyn che osa essere vecchia e non alla moda. Con le boiserie ottocentesche come in un film di Ivory, la vecchia cucina, i pavimenti che scricchiolano, il giardino romantico, la collezione di specchi, gli altari vodooo, il montavivande, i tubi da cui chiamare la servitù come negli Aristogatti… la casa di Pippi Calzelunghe appunto!



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