venerdì 5 aprile 2019
I libri di Silvia: recensione
Isabel, la protagonista, ha una lavoro e una vita ordinata e ben organizzata a Londra, ma la morte della zia Ada scombina tutte le carte.
La zia, infatti, lascia in eredità il vecchio casale dove Isabel era solita passare le estati da bambina, alla adorata nipote e a Neri di Torrelupo.
Isabel deve quindi tornare in Toscana per gestire tutte le questioni legate all’eredità ,ma non sarà solo un problema di “burocrazia”. Il vecchio casale e rivedere Neri, suo primo amore, risveglia in lei sentimenti, emozioni e passioni che solo apparentemente ha dimenticato.
Ho parlato di passione che è un po’ il tema dominante di tutta la storia. Passione dal punto di vista sentimentale, contro tutte le convenzioni sociali, ma anche passione per i propri sogni, per la loro realizzazione anche quando sembra che sia troppo tardi e che ormai la vita sia impostata in un certo modo difficile da cambiare.
Questo libro mi ha fatto sognare. Sicuramente il protagonista maschile ha un fascino indiscutibile, è un po’ l’uomo dei sogni di tutte noi, il principe azzurro.
L’ambientazione della storia è fantastica, la Toscana, in particolare la Val d’Orcia, è resa in tutto il suo fascino e sinceramente dopo aver letto il libro mi è venuta voglia di visitare quei luoghi.
Al di là del finale, che potrebbe essere considerato forse un po’ prevedibile, la cosa che mi ha colpito di più e che mi ha fatto riflettere, è l’invito a non abbandonare le proprie passioni, a non adeguarsi a vivere una vita che non fa per noi, ma a coltivare le proprie inclinazioni e cercare di realizzare i sogni che abbiamo fin da bambini.
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venerdì 26 novembre 2010
Cosa è veramente importante...
Nel passato:
- Non aver vissuto fino in fondo le cose.
- Atteggiamento da dilettante che inizia una cosa e la lascia perdere. Paura, dedicandosi a una cosa fino in fondo, di rivelare a se stessi di non essere in grado di farla.
- Tenersi su un doppio binario (due fidanzati, due lavori, due città) in modo che se una soluzione va male c'è sempre l'altra. Il problema è che non si vive a fondo nessuna delle due.
- Paura delle scelte definitive e mi sono trovata un fidanzato che ha questo aspetto di me all'ennesima potenza.
giovedì 25 novembre 2010
Fellini, Martone, la Nana e Testone
Cena da Carlotta con il suo amico Renato che di mestiere fa l’aiuto regista. Guardando i disegni di Fellini, che Carlotta come me ha, viene fuori il discorso di mio padre, dei suoi rapporti con Fellini, del processo con Aristarco per il soggetto L’armata sagapo pubblicato su Cinema nuovo. E viene fuori che Renato, che sta lavorando con Calopresti sui rapporti tra comunismo e cinema italiano, proprio l’altro ieri è venuto a sapere del processo Renzi/Aristarco! Poi Carlotta ci mostra un ritratto fattole da Fellini di lei bambina che ordina al telefono azioni Montedison. Di quando Fellini la chiamava la Nana perché era una bambina con una voce e i discorsi da grande, mentre a me chiamava Testone. Insomma storie che si incrociano.
Continuo a pensare al film. Mi è piaciuto o no?
Un film di grande amarezza. Da cui esce un Risorgimento che è stato un compromesso, con l'abbandono degli ideali repubblicani e il tradimento del popolo. Come ci dice l’immagine finale della fila dei cappelli a cilindro dei deputati, i cappelli dei ricchi che confermano le parole dell'inizio del padre del protagonista popolare del terzetto, quello ucciso dall'amico nobile. Ovvero che i signori ti fregheranno sempre, continueranno a rubarti l’olio di nascosto. Come l’immagine anacronistica dei piloni in cemento armato in pieno ottocento verso la fine del film. Il futuro degrado urbanistico del nuovo paese unito, con le sue case non finite e i ferri del cemento armato che spuntano dalle sommità.
Alla fine ne è valsa la pena di fare l’unità d’Italia, di piantare, come dice nel film la principessa Belgioioso, quest’albero malato? Il film non dà una risposta. C’è un grande senso di amarezza e fallimento, ma non sembra neanche che si stesse meglio prima. E la forza del film è proprio quella di creare una domanda e di instillare il dubbio: piuttosto che piantare questo albero così male, sarebbe stato meglio non piantarlo del tutto?
Interessante anche il punto di vista del film. Il punto di vista dei piccoli, della piccola storia. Lo sguardo laterale di chi nel Risorgimento è stato coinvolto, anche a costo della vita, ma non ne è mai diventato protagonista, ne è rimasto tagliato fuori. Lo sguardo dei traditi, del popolano che crede ai signori e poi da uno di questi, che credeva suo amico, viene ucciso, del repubblicano democratico che vede trionfare il compromesso con i vecchi poteri… Ci sono Mazzini e la Belgioioso, ma Garibaldi e Napoleone III vengono solo intravisti, come delle silhuoette. I Savoia, i Borbone non si vedono mai, ma se ne sente continuamente parlare, si progetta di ucciderli. Le cose avvengono in assenza, i fatti della Repubblica romana sono raccontati, gli echi dei grandi eventi arrivano nel buio di una prigione. Nella lunga sezione sulla prigione, da tutti temuta come un momento di rallentamento della narrazione e per me invece una delle più belle, anzi un momento di ripresa del film. Le mie prigioni non è forse un topos del Risorgimento? E così difficile da raccontare.
Il tutto con citazioni da Visconti, dalle scene di teatro dentro il film, come in Senso, alle musiche da melodramma.
mercoledì 24 novembre 2010
Agenda 17-24 novembre
- Martedi, 17: psico + giapponese sull'Ostiense. Fidanzo mi accompagna alla metro.
- Mercoledì:, 18: posturale. In ufficio appunti per una possibile versione libro chick lit del soggetto Wo-Men, scritto qualche tempo fa, a seguito di un articolo della Rodotà su Io donna su cosa succederebbe se le donne si comportassero verso gli uomini come gli uomini si comportano con le donne. Ma poi non vado avanti. Sono in un periodo in cui non so veramente ciò a cui tengo, le idee che sono importanti per me. E questo blog spero che mi serva proprio a questo, a capire quali sono le cose per cui I really care. Finisco di leggere La luna di Giove di Alice Munro.
- Giovedì, 19: Noi credevamo di Martone con fidanzato e sua amica Giovanna (bello, ma i paragoni di Curzio Maltese con il Gattopardo e Allosanfan sono eccessivi. Poi questa amarezza che non salva niente... non so, anche il Gattopardo era così ma con un'altra profondità, ti prendeva "di pancia") + pizza sotto casa da Gabriele e Tomoko. Fid mi prende in giro con tenerezza (pippa...) e dorme da me!
- Venerdì, 20: pranzo giap. con Giovanna. Sera cena a casa per il fidanzato (menu: crostini con neonata + orecchiette alle cozze + spigola al forno) + grappa da OS il nuovo, bel posto con giardino, a Colle Oppio. Fid dorme a casa sua.
- Sabato, 21: di giorno in piscina e imparo a usare il trapano (la mia emancipazione ora è completa!;-)). La sera cena con fidanzato da Luciana con amici simpatici: un fisico chitarrista, un attore, una psicanalista greca dallo sguardo intenso e un po' inquietante. Dormo dal fid.
- Domenica, 22: corro in ritardo a pranzo da Monique e nella foga, arrabbiata di dover prima prendere i giornali per il fid (ma non gli starò facendo troppi favori? Lui li farebbe per me?) mi rompo un tacco. Poi a pranzo con il tacco rotto rovino disastrosamente il parquet di Monique. Conosco Paolina, compagna di Monique alla scuola chic Chateaubriand che da ex fanciulla in fiore dell'alta borghesia pariolina ora è moglie di un marocchino e vive a Rabat. Mi dà consigli su eventuale viaggio in Marocco con il fidanzato (ancora non è certo...) Cena "radio" con fid a casa di Junko e Pietro, presenti anche Rosa ed Andrea. Casa minuscola ma molto bella. Con quel tocco casual intellettuale che a me non riesce e lungo balcone che affaccia su una delle mie vie preferite: via in Selci! Discorsi sul film Social Network, su Noi credevamo, sul tennis e sui loro colleghi della radio.
- Lunedì, 23: pranzo con Carmen e serata casalinga in cui, esaltata dalla casa di Junko, cambio posizione ai quadri del soggiorno sbucherellando tutti i muri. Riprendo a leggere Dublinesque di Vila Matas ma proprio non riesco ad andare avanti.
- Martedì, 24: cena romantica da me (menu: neonata+salvia fritta+ottimo pollo curry+riso scotto!). Discussione litigante su uomini vecchi/donne giovani. Non sono più i litigi di qualche tempo fa in cui io tremavo temendo di essere lasciata. Migliorata o peggiorata? Perchè erano tremendi ma molto intensi... Fid mi regala Persecuzione di Piperno. Dorme da me. Forse andiamo in Marocco...
lunedì 22 novembre 2010
"A scrivere sono in tanti ma a leggere sono uno solo"
Da Repubblica: Martel, Mainstream. Sullo scontro culturale in atto che che vede alcuni paesi rimettere in discussione l'egemonia culturale degli Stati Uniti. Scontro che avviene soprattutto sul piano della cultura mainstream. "La cultura mainstream si nutre di creatività, ricerca e libertà. Sfrutta la diversità culturale, l'innovazione tecnologica e la sperimentazione artistica. In Europa pensiamo che la ricerca e la cultura di massa siano mondi differenti e separati, ma negli Stati Uniti vivono di scambi continui. Il problema dei cinesi nasce proprio da qui. Vorrebbero produrre una cultura mainstream, per essere presenti nel grande mercato mondiale della cultura, ma contemporaneamente uccidono la diversità, la controcultura, la libertà d'espressione. Senza tutto ciò non si fa mainstream"
Suggerimenti dagli Under 40 intervistati dal New Yorker: Yehuda Amichai, Saul Bellow, J. M. Coetzee, Ian McEwan, Toni Morrison, Mary Gaitskill, Thomas Pynchon, Don DeLillo, Nathan Englander, Jonathan Franzen, Lydia Davis, Paula Fox, Grace Paley, George Saunders.
Dal fidanzo: oltre a Bolano, W.G. Sebald. Immenso.
giovedì 18 novembre 2010
New York, New York: Tippi Calzelunghe
Ma la più sorprendente è stata Tippi l’amica di liceo del fidanzo, scrittrice e sacerdotessa Voodooo, trasferitasi ventisette anni fa da Sala Consilina a New York.
Mi era antipatica all’inizio quando ha esordito, rivolta al fidanzato, con un “ma sempre belle te le trovi, tutte alte e magre le tue fidanzate!” Grrr… gelosia, gelosia… ma poi mi ha travolta con le sue storie surreali:
- i sette anni vissuti in Colorado tra gli apache in una casa costruita da lei con il secondo marito un portoricano di origini indiane. Su cui ha scritto un romanzo;
- il suo periodo di bigamia, perché ancora oggi lei non sa dire di no alle passioni, con Don e il mitico batterista J.T. che ora è diventato il suo quarto marito. Su cui ha scritto un romanzo;
- Jerome il fidanzato gangster cubano ucciso dalla CIA a trent’anni. Su cui sta scrivendo un romanzo.
“Pegrrrché -dice Tippi con l’erre moscia da figlia bene di notaio del sud- Jerome era un ganster da milioni di dollari, non uno spacciatore da quattro soldi, uno che la cocaina la vendeva ad alti livelli per comprare armi da rivendere ai guerriglieri di… (non mi ricordo quale stato del Sudamerica). Non la riforniva ai singoli, se non quella che teneva in casa per amici come Basquiat o Miles Davies. Ma lui non prendeva droghe, perché un gangster dev’essere sempre lucidissimo e non voleva neanche che le prendessi io. Mi proteggeva, entravo dappertutto perché ero la donna di un gangster, ma in alcuni posti lui non mi faceva entrare. Con lui ho visto per la prima volta questo quartiere dove abito, anzi non l’ho visto, l’ho solo sentito. Perrrchè allora qui era pericoloso per un bianco e allora Jerome mi metteva sul pavimento della macchina sotto una coperta e io, al buio, sentivo insulti, urla, grida e spari.”
Tippi a volte mi fa l’effetto che da piccola mi faceva Pippi Calzelunghe, di quella che è ciò che non oso essere, di quella che fa tutte le cose che mi piacciono e che mi impauriscono: io timida/lei estroversa; io paurosa/lei coraggiosa; io che non so usare il trapano/lei che si costruisce la casa da sola; lei che aderisce alla vita e alle passioni/io che mi blocco pensando alle conseguenze; lei che sta con il gangster dominante e protettivo/io che dal calabrese ndranghetoso che mi faceva impazzire sono fuggita; lei che all’università insegna corsi sul mito secondo Campbell/ io che ho abbandonato gli studi sulle femme fatale secondo gli archetipi junghiani perché mi sembrava di avere un’impostazione critica troppo vintage; lei che scrive romanzi/io che non li scrivo. Insomma… lei che fa quel che le pare fregandosene del giudizio degli altri/io che me ne frego troppo!
E la sua incasinatissima casa di Brooklyn che osa essere vecchia e non alla moda. Con le boiserie ottocentesche come in un film di Ivory, la vecchia cucina, i pavimenti che scricchiolano, il giardino romantico, la collezione di specchi, gli altari vodooo, il montavivande, i tubi da cui chiamare la servitù come negli Aristogatti… la casa di Pippi Calzelunghe appunto!


