
Sto finendo di rileggere Pippi Calzelunghe! Quando una decina di giorni fa su uno scaffale da Giunti ho infatti visto il libro da me più amato da bambina, con le stesse immagini della mia infanzia, non ho saputo resistere e l’ho comprato subito.
All’inizio avevo paura di rischiare una delusione. E certo, un minor coinvolgimento inizialmente c’è stato. Forse perché Pippi è sempre uguale a se stessa e così Tommy e Annika. Per dirla da sceneggiatrice, i personaggi non cambiano e dunque il libro, riletto da adulti, fatica a coinvolgere emotivamente. Forse perchè è ad episodi, senza un unico obiettivo che porta avanti verso la fine della storia. Ma forse soprattutto perchè da “grande” non riesco più a sentire come una volta il fascino di villa Villacolle, del nascondiglio nell’albero cavo, dell’isola in mezzo al lago, della soffitta dei fantasmi. Ho purtroppo perso lo stupore che provavo da bambina.
Ma poi sono stata presa di nuovo! Che bell’esempio questa bambina forte e indipendente, ottimista e generosa. Non solo per le bambine che la lessero quando uscì e che diventarono poi le ragazze contestatrici e femministe degli anni ‘60 e ‘70, ma anche per le bambine, per le donne e soprattutto per i tanti pecoroni di oggi che temono la diversità loro e dei loro figli.
Pippi infatti è gioiosamente anticonvenzionale, senza nessuna paura di essere diversa dagli altri. Il suo anticonformismo è pieno di trovate insolite e creative.
E così mi trovo a sorridere, mentre leggo sull’autobus, delle trecce rosse di Pippi, delle sue calze una diversa dall’altra, delle scarpe antiquate e lunghissime per farci crescere comodi i piedi. Di lei che dorme al contrario con i piedi sul cuscino, che cammina all’indietro con la scimmietta sulle spalle o mentre pulisce i pavimenti pattinando su delle spazzole…
Poi alzo lo sguardo e nell’autobus mi ritrovo nella nostra realtà dei tutti uguali: stesso taglio di capelli, stesse borse, stesse scarpe, stessi colori… anche i miei occhiali sono della stessa marca di quelli della mia vicina. Tutti con indosso, ciò che va, che “si porta”. Anche chi fa l’alternativo non sfugge al rispetto dei codici del suo gruppo. E allora tutti in case uguali, tutti con gli stessi divertimenti, con i figli che sono mandati a catechismo perché ci vanno gli amici, a cui si danno i nomi di moda perché non si sentano troppo diversi, a cui si comprano…
Basta! Voglio cambiare… voglio diventare come Pippi!
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